PUNIRE I FIGLI? MEGLIO ELOGI E ABBRACCI

PUNIRE I FIGLI? MEGLIO ELOGI E ABBRACCI

Una ricerca della Duke University del Nord Carolina (2009) mette in evidenza dati allarmanti: bambini che vengono picchiati subiscono ripercussioni psicologiche notevoli: numerosi problemi psicologici; risposte aggressive frequenti in situazioni molto diverse; nessun comportamento di conforto verso altri bambini in difficoltà; ritardo mentale; da adulti rischi maggiori di sviluppare comportamenti antisociali.

Dopo aver letto l’articolo con lo stesso titolo pubblicato sul Corriere della Sera del 27 dicembre 2012 (a corredo di questo servizio), mi è tornato alla mente un bimbo di circa tre anni, bellissimo bambino, che chiameremo Andrea.

Era tenero, curioso, dall’indole creativa, gli piaceva molto esplorare. Ma quando incontrai i suoi occhi, vidi una profonda tristezza, questi occhioni azzurri erano tanto, troppo infelici. Mi venne la pelle d’oca.
Il babbo era spesso fuori per lavoro e il piccolo rimaneva a casa con la madre. Molto presto Andrea aveva imparato a non disturbare più la madre, giocava in solitudine, ma ogni tanto il suo desiderio di esplorare e sapere come funzionavano certi giochi lo portavano a essere troppo vivace, cosa che non passava inosservata alla mamma, la quale era spesso sola senza nessun aiuto, né dai suoi genitori, deceduti, né dal marito sempre fuori casa, né dai suoceri.
Spesso si ritrovava stanca, avvilita, impotente di fronte a tante cose da affrontare tutte da sola, e lì c’era Andrea che aveva appena smontato un camion, fatto in ferro, un oggetto grande e soprattutto molto costoso, che lei gli aveva voluto regalare. Ogni pezzo del camion era sparpagliato sul pavimento, ma una parte di questo, quella centrale, non si voleva proprio smontare, così Andrea aveva tentato più volte di aprirlo lasciandolo cadere sul pavimento decine di volte. Andrea cercava di capire cosa ci fosse dentro. Ma la sua mamma se ne accorse tardi e, come ridestatasi da un lungo sonno, non riusciva a capire cosa stesse succedendo; sentì suonare alla porta e ancora non pienamente in sé vide i suoi vicini di casa, si stavano lamentando con lei del gran baccano che si sentiva.

La madre di Andrea si sente aggredita verbalmente, reagisce difendendosi e contrattaccando, la porta sbatte. Poi torna in sala, vede il camion sparpagliato per terra. Andrea è in un angolo, spaventato dalle voci che urlano, dalla sua mamma che urla, la vede, è lì davanti a lui, è arrabbiata con lui, piange. E’ spaventato, non capisce cosa sta succedendo, non capisce perché la sua mamma gli urla contro, si sta avvicinando, è sempre più arrabbiata, ma non sa perché. Vorrebbe scappare ma è raggelato, non riesce a muoversi, sicuramente stanotte non riuscirà a dormire e sognerà ancora quel mostro nero che lo vuole mangiare, sa già che avrà bisogno di avere la luce accesa altrimenti saranno guai, a lui il buio fa tanta paura. La mamma ora è molto vicina, continua a inveire, cose terribili alle quale lui non vuole credere, che verrà un uomo a portarlo via, perché è molto cattivo e poi al babbo verrà raccontato tutto e Andrea sa già che la punizione che gli assegnerà sarà durissima. A letto senza cena, senza luci accese e ridicolizzato se per caso tirerà fuori la storia che ha paura del buio, oppure che fa sogni brutti, ma tanto brutti che qualche volta si sveglia in piena notte, tutto sudato e spaventato e vorrebbe chiedere aiuto a mamma e papà, correre da loro, farsi abbracciare, consolare e rassicurare che non c’è da aver paura perché ci sono loro a proteggerlo. Ecco, ora la mamma gli è davanti, lui alza un braccio come a proteggersi, arriva uno schiaffo, in testa, Andrea sente bruciare dal dolore, ma non è solo un dolore fisico è qualcosa di più e per questo fa più male, si sente cattivo, inadeguato, non ne fa mai una giusta, sbaglia sempre tutto, è lui che fa sempre arrabbiare la sua mamma, ma perché? “Così come ti ho generato, così ti disfo.” Eccola questa frase, Andrea l’ha imparata, è scolpita nella sua mente, Andrea piange, in questo momento dentro di lui c’è il maremoto e sa che ci vorranno alcuni giorni affinché questa tempesta  interna, nera e livida, potrà passare.

Riflettevo come l’articolo di giornale avesse riattivato in me il ricordo, bellissimo, di questo bimbo così tenero e indifeso, e al tempo stesso ricordo orribile per ciò che il bambino stava subendo. Dalla storia sopra riportata si comprende come la madre di Andrea fosse in difficoltà psicologiche importanti, per via di una serie di eventi difficili e tormentati, a partire dall’infanzia, che l’avevano provata moltissimo. E’ possibile che ciò che ci succede da piccoli, la nostra storia passata, possa tornare nel presente adulto, interferendo con la vita presente, con le nostre scelte e, come un circolo vizioso, potrebbe essere riproposta ai nostri figli.
Affinché ciò non accada, il circolo vizioso andrebbe interrotto.

Come? Spesso è sufficiente cominciare a permetterci di chiedere aiuto.

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