Lettera al Messaggero – Cronaca di Pesaro
Egregio Direttore,
ho letto con interesse l’articolo di Massimo Ammanniti pubblicato oggi sulle pagine nazionali del Messaggero, le cui posizioni sull’abuso di parti cesarei sono ampiamente condivisibili.
Se solo si sapesse cosa perdono una donna e il suo bambino nel non scegliere il parto naturale! (quando non vi siano oggettive necessità mediche, ovviamente). Il parto naturale consente alla madre di accogliere suo figlio, le permette di sentirlo, non solo psicologicamente (questo è già iniziato durante i mesi di gravidanza) ma anche fisicamente. Tutti i segnali che arrivano dal corpo alla mente aiutano la partoriente a capire la nascita del suo piccolo e a sintonizzarsi con lui.
Le contrazioni orientano e guidano la madre verso l’aprirsi (fase espulsiva), un processo naturale di preparazione fatto di richiami del corpo che la aiutano ad accogliere il piccolo nascituro e le consentono, una volta che se lo ritrova tra le sue braccia per la prima volta, di poterlo contenere e comprendere (capacità di holding). E’ il traguardo di un processo iniziatosi nove mesi prima.
Quando questo avviene, il neonato vive contemporaneamente l’esperienza di essere capito e di essere consolato. Si attiva, così, una precisa funzione che facilita il reciproco mutuo rispecchiamento tra neonato e madre, che farà da collante all’integrazione mente-corpo del piccolo e consentirà un sano ed equilibrato sviluppo delle capacità emotive, motorie e cognitive.
Quella del parto è una fase cruciale affinché tra il neonato e la madre si crei il giusto sistema di sensibilità che si regolano mutuamente. Recenti studi e ricerche confermano che la qualità delle relazioni tra madre e bambino può rappresentare uno degli indici predittivi dello sviluppo successivo. Occorre però ricordare che in questo periodo la neo madre ha bisogno di un sostegno, di una base sicura (marito, parenti, amici) dalla quale ricevere rassicurazione e comprensione, e anche di stimoli che la aiutino a esprimere al meglio le sue capacità. Ne consegue che il percorso della gestante, dal concepimento al parto, debba essere accompagnato, sostenuto e compreso anche dagli operatori del settore (ginecologo, psicologo, ostetrica, pediatra). Ma, come si legge sempre più spesso sulla stampa, nella nostra cultura il parto è per lo più appannaggio della pratica medica e appare in parte sottratto alla dimensione affettiva/familiare; le nascite vengono vissute in maniera meccanicistica, ripetitiva, automatizzata, e i delicati momenti che facilitano la relazione tra la mandre e il bambino sono trascurati, se non addirittura ignorati.
E invece è importante lavorare sulla ricostruzione della dimensione affettiva/familiare legata al parto: trovare uno spazio naturale nella sala travaglio/parto ospedaliera dove la madre possa sentirsi accolta e rispettata nei suoi bisogni intimi, facilitare e consentire la scelta della posizione migliore per il travaglio e per il parto; facilitare il contatto epidermico con il piccolo nato; consentire e facilitare l’attaccamento al seno; praticare la recisione tardiva del cordone ombelicale, consentire la presenza del padre o di una figura facilitante, e via dicendo.
Concludendo, oltre a ricordare il costo sociale della pratica eccessiva di parti cesarei, desidero ricordare che i corsi di preparazione al parto, a partire dal quarto mese di gravidanza, sono uno strumento importante non solo per apprendere, ma anche per predisporsi mentalmente e per riflettere su questi temi. Per le future madri e per gli operatori del settore.